mercoledì 21 ottobre 2020

Modi digitale

 


Claudio Romano


Forse non tutto ciò che codifichiamo da una radio per mezzo di una interfaccia è “digitale”, per meglio dire è stato considerato digitale”. Considerazioni in liberta, sul termine “digitale”, cosciente di non essere depositario della verità e con l’augurio di aprire un dibattito sull’ argomento.


Certamente Internet non è la Bibbia, spesso però, le notizie se non tempestivamente “corrette” finiscono per “far testo”.

Ci piace fare un po’ di chiarezza e sull’evoluzione su un termine che siamo “costretti” ad usare come per esempio “digitale

Frequentemente in rete sotto la dicitura “modi digitali” per radioamatori “troviamo anche il CW e RTTY forse in maniera frettolosa e superficiale per la sola ragione che la trasmissione è prodotta un flusso di dati composti da numeri che opportunamente decodificati formano un messaggio di senso compiuto. Se così fosse mi verrebbe da includere nei modi digitali anche le trasmissioni delle note “number station” in fonia


Evidenzieremo le nostre osservazioni esclusivamente sui modi CW e RTTY tralasciando i modi PSK JT65 MSFK OLIVA ed altri modi. La ragione sarà specificata nel corso della nostra breve trattazione.


Il significato di digitale in italiano prima che questo termine fosse esteso ed utilizzato in informatica è il seguente: etimologia è latina da “digitus” relativo alle dita.

Ricordo che da piccolo quando chiesi ai miei genitori cosa fossero le “impronte “vegetali” …. Poi capii che esisteva un metodo d’investigazione che permetteva l’individuazione delle persone attraverso le impronte digitali.


Analizzando la etimologia del termine “digitale” ci viene spontaneo associarlo a tutto ciò che sia manuale, di conseguenza nell’ambito radiantistico una trasmissione in “onda continua “altrimenti” chiamata “Continuous Wave” praticamente il più noto C.W. potrebbe essere un modo digitale considerato che invece della voce si adoperano le dita per utilizzare il tasto.

Infatti tale trasmissione emette una nota continua opportunamente interrotta da punti e linee creando il noto codice Morse conosciuto anche come “C.W.”


Altra etimologia della parola digitale derivata dall’ inglese “digit” che significa “cifra” ;(tale il termine, per primo fu collegato ai primi display costituiti da 7 segmenti che diversamente associati formavano numeri da 0 a 9). Allora ci chiediamo perché non sono “digitali” tutti i metodi che si basano sull‘utilizzo del sistema binario?? che è un criterio numerico basato sull’ utilizzo di due cifre, cioè tipicamente 0 e 1, invece dei 10 del sistema decimale tradizionale. Che poi è alla base dell’informatica.


In informatica vi è una dicotomia tra i termini “digitale” ed “analogico” per sommi capi le due definizioni le possiamo sintetizzare come segue:


Una grandezza “analogica” varia con continuità e può assumere un infinito numero di valori.

Una grandezza “digitale” varia a gradi e/o a step

Oggi semplificando i concetti ad analogico si associa tutto ciò che “vecchio” e “obsoleto” mentre al digitale si associa tutto ciò che è nuovo


Se parliamo di implicazione necessaria di numeri nei modi digitali mi viene in mente la battuta di chi asserisce che gli unici orologi analogici sarebbero la clessidra o la meridiana


Come è noto per decodificare i segnali di una telescrivente si usa Codice Baudot poi sostituiti da altri codici EBCDIC e ASCII.

Alla base della “decodifica” di questo codice basati da 5 bit che opportunamente combinati creano 32 caratteri che corrispondono a lettere numeri e punteggiatura.


Cosi anche gli altri codici (EBCDIC e ASCII.) che sono varianti del primo sono basati sul sistemi binari.


Quella che segue in grassetto è una spiegazione tratta da un manuale dell’Olivetti risalente al 1955.1


La codifica e il riconoscimento dei caratteri si basa su un codice internazionale, costituito da 32 combinazioni di impulsi elettrici positivi e negativi, sufficienti a identificare tutte le lettere e i segni del messaggio. Ogni carattere battuto sulla tastiera lancia sulla linea un gruppo di 5 impulsi, aventi ognuno la durata di 20 millesimi di secondo, che, all’arrivo, provocano sulla macchina ricevente il movimento del corrispondente martelletto” … (Olivetti storia d’impresa))


Mai, prima dell’avvento dell’informatica, nel mondo del radiantismo l’RTTY veniva chiamato modo “digitale”.


Per una sorta di rispetto verso Samuel Morse David Edward Hughes, Émile Baudot che tanto si son prodigati per la realizzazione del telegrafo e delle telescriventi crediamo che sia corretto non catalogare il CW e RTTY nei modi digitali


Per concludere azzardiamo una definizione in attesa una nuova eventuale classificazione:


Si annoverano come “modi digitali” quelle trasmissioni i cui segnali sono decifrabili solo attraverso una “interfaccia/decoder” ed un idoneo software

1Per chi volesse approfondire l’argomento sulle telescriventi consiglio di visitare il sito: “Olivetti storia di una impresa”

http://www.storiaolivetti.it/percorso.asp?idPercorso=597

dove è possibile visionare il video

La telescrivente Olivetti. Principi di funzionamento ed usi”



Nessun commento:

Posta un commento

Modi digitale

  Claudio Romano Forse non tutto ciò che codifichiamo da una radio per mezzo di una interfaccia è “digitale”, per meglio dire è stato c...